Insonnia nei bambini. Basta un poco di zucchero..?
Difficoltà o disturbo?
Prima di prendere in considerazione il termine “disturbo” dovrebbero essere presenti numerosi elementi inconfutabili che conducano nella direzione della patologia, rappresentando un’entità medica definita, presente nelle classificazioni ufficiali di riferimento.
Talvolta con eccessiva leggerezza si attribuisce l’etichetta “disturbo” non appena individui, coppie, genitori, bambini esprimono un disagio o una asperità che perdura nel tempo. Per questo motivo è opportuno pronunciarsi adeguatamente anche nei riguardi del sonno in termini di difficoltà di addormentamento, risvegli notturni e parasonnie(incubi, pavor notturno, sonnambulismo, sindrome delle gambe senza riposo..).
Per quanto concerne l’ambito evolutivo, difficoltà e risvegli si manifestano frequentemente nei primi 3 anni di vita e oltre, riguardando circa il 30% dei bambini e delle loro famiglie.
Nei primissimi mesi di vita, il bambino ha delle fisiologiche richieste e bisogni primari che determinano generalmente (tranne rare eccezioni) numerosi risvegli notturni. Dunque in questo periodo non possiamo parlare di effettive difficoltà del sonno, ma è possibile comunque suggerire indicazioni comportamentali utili al neogenitore per prevenire risvegli notturni nei periodi evolutivi successivi.
L’incidenza sembra essere aumentata negli ultimi 20-30 anni anche in seguito alle attuali abitudini sociali che contrastano il naturale ritmo sonno-veglia del bambino.
Quali conseguenze?
Queste criticità nella qualità del sonno possono avere effetti negativi sullo sviluppo cognitivo del bambino, sulla regolazione dell’umore, sull’attenzione, sul comportamento e sulla qualità della vita in generale.
E’ necessario considerare che la deprivazione di sonno incide notevolmente anche sulla qualità di vita dell’intero nucleo familiare, in particolare nelle condizioni in cui il riposo notturno è compromesso in maniera sistematica da diverso tempo.
Generalmente il primo interlocutore è il pediatra, ma causa la tipologia di formazione e di aggiornamento professionale, dopo qualche suggerimento non sempre appropriato (come il semplice quanto deleterio lasciar piangere il bambino per tempi crescenti) lo stesso potrebbe consigliare la strategia farmacologica.
Cosa fare?
E’ importante non cedere all’apparenza, la soluzione farmacologica talvolta immediata e così accessibile cela notevoli pericoli. Anche la semplice somministrazione di antistaminici e/o della “naturale” melatonina (senza arrivare all’utilizzo sciagurato degli antidepressivi degli ultimi tempi) può comportare effetti collaterali e i rischi a lungo termine ancora non adeguatamente chiariti dagli studi scientifici presenti.
Trattandosi della fase più delicata, quella evolutiva è opportuno orientarsi verso valutazioni e soluzioni che vertono sui comportamenti e sulla relazione. Inoltre l’approccio farmacologico non elimina le cause e quindi le difficoltà vissute dal bambino.
Spesso la responsabilità viene attribuita ai genitori, in quanto erroneamente considerati incapaci di applicare delle semplici regole.
Nella maggior parte dei casi sono gli aspetti comportamentali, emotivi e ambientali le vere cause delle difficoltà del sonno dei bambini. Intervenire su questi fattori in maniera mirata non è complicato, ma richiede solo del tempo, in quanto la gradualità nei comportamenti più adeguati da adottare è uno degli aspetti fondamentali che concorre a ripristinare serenità e qualità del sonno nel bambino.
La valutazione del bambino con insonnia o con scarsa qualità del sonno deve comprendere un esame obiettivo, un esame dello sviluppo psicomotorio e delle modalità di interazione genitore/bambino (in quanto frequentemente le difficoltà di addormentamento e i risvegli notturni sono associati a una gestione non sempre adeguata del momento di transizione sonno-veglia e dei risvegli), con particolare riferimento alla percezione genitoriale del comportamento-problema, e all’interferenza di questo fattore con la vita familiare e di coppia.
Dopo i 6 mesi di vita, in seguito a un’attenta valutazione e una anamnesi, che comprende il temperamento del bambino, il sistema famiglia e il tipo di attaccamento genitore-bambino si può pensare di intervenire laddove necessario, anche sugli aspetti che interferiscono sulla qualità della relazione e di conseguenza sul sonno del bambino.
Diversi studi hanno dimostrato che l’utilizzo di tecniche comportamentali nel trattamento dell’insonnia della prima e seconda infanzia è efficace nel 50-80% dei casi, determinando una risoluzione delle difficoltà notturne e conseguente beneficio nel funzionamento diurno e sul benessere familiare.
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Loved it, felt the drpth of soul and the pains and koys of life. And the pups. Tears before and tears now. Good read. Thank you, Robin. Valry Harrison Dopp